Il tafano del pensiero critico

Non basta intervenire. Bisogna capisce il significato dell'intervento.

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  1. zyme
     
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    Enunciando la mia sfida educativa, ho parlato di maieutica: educare ponendo domande, tendenziose. Ebbene, rilevato il bisogno di un doposcuola, che permetta ai ragazzi di tirare due calci al pallone, senza pretese agonistiche, pongo qualche domanda: c’è stata una morìa di doposcuole, di recente?
    Di che si parla: carenza di offerta o aumento di domanda? O entrambe?
    C’è qualche problema strutturale che ha causato l’aumentato o inevaso bisogno di doposcuola?
    O forse ci troviamo davanti a circostanze straordinarie, passeggere?
    Nel caso ci fossero cause permanenti e pervasive di un ampio processo disumanizzante, affatto contingente ma anzi in rapida accelerazione, agli educatori è richiesta anche una qualche consapevolezza di tali cause? O è meglio non perdersi in “politica” e limitarsi a tappare i buchi, così come si presentano, senza occuparsi delle cause o della nave che affondi, mentre l’orchestra continua a suonare?
    Sono domande tendenziose: mirano a far emergere curiosità per una pensiero critico in grado di dare un senso a quanto sta accadendo oggi. Organizzarsi per far tirare due calci al pallone ai ragazzi non è difficile. Però sapere che questo impegno volontario serve a tenere in piedi un processo di rapida distruzione suicida della vita familiare, cambia il senso delle buone azioni che si fanno. Sapere che le mascherine imposte ai bambini per giocare o il cercitificato di vaccinazione che presto sarà richiesto per poter giocare insieme agli altri, sono misure che non hanno niente a che fare con un presunto problema sanitario, cambia il senso del pur lodevole impegno volontario. Organizzare un dopo scuola ed escludere i ragazzi senza green pass, come fossero degli ebrei in un regime nazista, perché così dice il generale Figliuolo, non è una scelta apolitica. E se non è possibile fare volontariato senza fare scelte politiche, è doveroso dotarsi di strumenti di lettura dei fatti che permettano di fare tali scelte a ragion veduta.
    Strumenti del genere esistono. Ecco lo stralcio di un recente libro di analisi critica del moderno “progresso”:
    Nel momento in cui la casa diviene la sede del lavoro, bisogna trovare un modo per espellere i bambini dalle loro case, di modo che il lavoro astratto dei genitori possa riprendere il suo corso.
    Se il tele-lavoro degli adulti è finalizzato a non interrompere le catene di produzione, la tele-scuola ha il medesimo inconfessato scopo: come se fosse inaccettabile che per diversi mesi i bambini possano essere anche «improduttivi» e non fare altro che «giocare senza ostacoli e impedimenti»; come ha scritto un giornalista di Le Monde. A maggior ragione, quando disturbano il tele-lavoro dei tele-genitori.
    Da queste poche righe emegono alcune mie osservazioni:
    • c’è una accelerazione mondiale, suicida, di distanziamento e disumanizzazione competitiva, per esigenze di mercato, che pervade tutto; scuola compresa. Il virus è solo una scusa per farlo.
    • Il telelavoro è reclusione domiciliare per estrarre lavoro astratto, per fare profitto (valore astratto).
    • Per consentire il telelavoro i bambini non devono disturbare: perciò che stiano pure davanti ad uno schermo a socializzare con zoom, così che non s’infettino. O che frequentino una squadra sportiva a forgiarsi il carattere per quella dura, spietata competitività che incontreranno quando dovranno vendersi sui mercati mondiali. D’altronde oggi comanda il mercato: non ci sono alternative. O no?
    • Se non vogliono o non possono competere, perché sono ciccioni, allora mandiamoli dal dietista a 12 anni, che sennò sono tagliati fuori. Se sono diversamente abili, ci sono le associazioni sportive apposite dove … dove si compete, perdio! Non giocare e basta. Competere sempre e dovunque.
    • Dopo l’emancipazione della donna (che deve lavorare sottopagata e occuparsi delle cure familiari come prima) era compito dei nonni portare a giocare i nipoti: non sarà che il timore del contagio sta scoraggiando i genitori ad affidarli ai nonni? Fosse così, i vecchi sarebbero del tutto inutili: un peso insostenibile da eliminare. Come ormai si dice e si fa apertamente (vedi protocolli di scelta per chi escludere dal ricovero ospedaliero o dalle cure intensive).
    • In linea con la “modernità”, procede la “riforma” della scuola (curricula, valutazioni standard, lavoro gratis e altre amenità che ho descritto in un precedente contributo). Riforma orientata alla mentalità capitalista, non a quella umanista. Anzi, le materie umaniste sono in via di rottamazione. Anche i testi scolastici sono oggetto di interventi orwelliani, accuratamente orientati in tal senso.
    Mi fermo qui, sperando sia abbastanza per inserire nella ns. discussione quel tarlo detto pensiero critico. Il bisogno del doposcuola, nei termini puntuali che sono stati descritti, c’è. Ma ci sono cause strutturali (non naturali, né eterne) dovute a scelte politiche modificabili che causano il problema. Rispondere a tali bisogni va bene. Se nel rispondere ai bisogni ci fosse anche consapevolezza delle cause che impediscono ai ragazzi d’oggi di giocare e disporre di una scuola che prepari ad una vita piena e felice, piuttosto che a competere sui posti di lavoro, peraltro in via di estinzione, causa quarta rivoluzione industriale, sarebbe ancora meglio. Molti laureandi oggi sanno già che non lavoreranno mai nel campo scelto per la laurea. Persino i pizzaioli hanno le ore contate: saranno sostituiti dai più economici robot. Il mondo sta implodendo a una velocità pazzesca e noi educatori a che mondo pensiamo di educare esattamente? A un mondo che sta affondando?
    Non ho mai smesso di cercare risposte concrete a tali domande. Le chiacchiere, con me stanno a zero. Perciò la mia associazione è preparata per impostare una formazione sul tema dell’ottimismo ragionato e della felicità autentica, ma si sta preparando anche per affrontare il tema della “modernità”, che provoca le sofferenze che oggi riconosciamo nelle nuove generazioni. È un campo che richiede rudimenti di filosofia e di economia politica, ma le contraddizioni che oggi viviamo sono così ecclatanti che non occorre essere preparati in filosofia, sociologia, psicologia od altro per intuirne il significato. Basta essere aperti al dubbio.
    Fabrizio Bertini, per aps ZYME.
     
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0 replies since 8/6/2021, 13:07   20 views
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